La sentenza di condanna emessa dalla Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo nei confronti dell’Italia per la pessima gestione della crisi dei rifiuti è simbolica (ovvero non produrrà pene di tipo pecuniario) ma estremamente significativa, in quanto afferma il diritto dei cittadini europei a vivere in un ambiente sano e impone contestualmente alle autorità statali una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti.

Non è esistita finora una concreta attenzione politica rispetto a forme avanzate di raccolta differenziata e rispetto all’incentivo delle pratiche di riuso e dello sviluppo delle tecniche di riciclo dei materiali. Totale è stato il disinteresse verso tutte quelle azioni di tipo preventivo che mirano a ridurre a monte la produzione di rifiuti. Quelle straordinarie realtà che esistono pure in Italia sono il frutto dell’impegno civico di cittadini, associazioni e di qualche amministrazione locale particolarmente illuminata.
L’alternativa, che prevede innanzitutto la cessazione dell’incenerimento e la strutturazione di un sistema di raccolta differenziata che ottimizzi la qualità del materiale da riciclare diminuendo la quantità dei rifiuti prodotti, si chiama “strategia rifiuti zero” ed è già stata adottata, con successo, in diversi paesi del mondo. La politica italiana su questo fondamentale tema è silente o ipocrita.
Ci vogliono provvedimenti nazionali forti, finalizzati a incoraggiare e premiare i percorsi virtuosi di imprese e amministrazioni pubbliche e a disincentivare la sovrapproduzione di rifiuti (basti pensare agli imballaggi). Forse si dovrebbe smettere di pensare che la politica “forte” sia quella che militarizza cantieri, impianti e discariche. Una politica forte è quella che pone al centro del proprio interesse i cittadini (non le lobby, non le mafie, non i colletti bianchi corrotti e collusi). La Corte di Strasburgo, in fondo, ci dice anche questo.
Fonte: IlFatto
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